Antonio Latella, regista acclamato e pluripremiato la sua “Santa Estasi” ha appena trionfato ai Premi Ubu, scolpisce un Pinocchio disperato e contemporaneo. E’ un orrendo burattino/bambino solo, logorroico, ipercinetico, insopportabile e dittatoriale come è la maggior parte dei bambini di oggi.
Pinocchio è creato per egoismo da un Geppetto che non sa chi è, e che non sa cosa insegnare a un figlio che ha bisogno di tutto, che ha bisogno di sapere. I “grandi” nel Pinocchio di Latella sono pazzi, disonesti, improbabili o morti e disegnano un universo privo di compassione e solidarietà. Tutti vogliono qualcosa da Pinocchio, ma non vogliono Pinocchio. E la povera marionetta crede e cerca amore, bellezza, gioia e felicità. L’intramontabile favola di Collodi riletta da Latella trova un’attualità che spogliata dal romanticismo diventa tragedia. Le belle scarpe con gli occhiali, indossate da tutti gli attori, ricordo d’infanzie felici, s’insozzano di segatura e paura di vivere. Bravissimi tutti gli attori ma Pinocchio interpretato da Christian La Rosa è impareggiabile. Lo spettacolo di rara potenza nel primo tempo perde di ritmo nel secondo, o forse è che il tempo della consapevolezza è lungo e faticoso. Tre ore, però, sono troppe.
Anna Chisari
Piccolo Teatro Strehler – Milano – Fino al 12 febbraio
Ottima recensione ma noi spettatori eravamo previsti o il regista quel Pinocchio l’ha raccontato solo a se stesso?
Nessuna generosa condivisione con il pubblico, il regista ha confuso la solitudine di Pinocchio con la sua. Non avrei voluto attori “immedesimati” ma almeno che raccontassero a “noi” la storia, quello che stava succedendo. Al pubblico non è stato dato incanto, solo odore di ciottoli di segatura.
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“Tre ore, però, sono troppe”. Uahahahahahahahahahahahahahahahahahahahah
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