Kent Haruf e le strane relazioni


Se non avete ancora letto la Trilogia della pianura di Haruf, fatevi un favore: chiudete immediatamente questa pagina e correte a procurarvi i libri. Non ve ne pentirete. Probabilmente sarà tra le cose più belle, intense, liriche e reali che vi capiterà di trovare fra i romanzi contemporanei e di cui non ringrazieremo mai abbastanza la casa editrice NNE per aver fatto conoscere anche al pubblico nostrano la voce struggente di Kent Haruf, il romanziere statunitense scomparso alla fine del 2014.

Tre romanzi che possono essere letti anche svincolati gli uni dagli altri, seguendo l’ordine cronologico di scrittura (quello che ho fatto io) o di pubblicazione o, ancora, immaginandoli ognuno come una storia a sé stante. Quale che sia la scelta, resta invariato il piacere di una lettura su più livelli, ricchissima di spunti, che incanta da un punto di vista tematico quanto strutturale: è il miracolo della letteratura. L’uso sapiente della parola è capace di rendere straordinarie vite comuni di quell’umanità piccola di un immaginario paese della profonda provincia americana. Leggere Haruf diventa vorace, è difficile centellinare le pagine, godendo forse così più appieno della parola, misurata e lirica, ma il legame emotivo che si crea con i personaggi “costringe” a una lettura ingorda, per poi tornare indietro, ai passi più intensi e rileggerli a un ritmo più lento.

Non aspettatevi colpi di scena a ogni pagina, stravaganze ed epici drammi: la grandezza di Haruf risiede tutta nel potere della parola e del racconto di vite comuni rese straordinarie dalla letteratura e da quel sentire universale, che trascende il tempo e lo spazio. Nella fittizia comunità di Holt, lo scrittore crea la vita e la carica di bellezza, anche quando tragica e disperata, celebra l’uomo e i sentimenti comuni, quelle esistenze ordinarie in cui i giorni scorrono lenti scanditi dal lavoro, dalle stagioni, da felicità misurate; e il dramma, che qualche volta entra nelle vite di queste persone, a cui ci si affeziona terribilmente,  lascia sempre spazio, nonostante tutto, alla speranza, alla fiducia nell’uomo e nei suoi istinti migliori che è, forse, la cosa più bella che ci dice Haruf, è un atto di ribellione a quest’epoca di cinismo dilagante.

Ho scelto di leggere questa trilogia seguendo l’ordine cronologico di scrittura: Canto della pianura, Crepuscolo e infine Benedizione.

Quando ho finito, mi sono sentita sola ed esaltata nello stesso tempo. Mi mancavano gli abitanti di Holt, ma ero carica di energia delle frasi di Haruf, mi sono innamorata del suo tratteggiare “il normale”, “l’ordinario” e nello stesso tempo, creare eroi, apparentemente impossibili, dai sentimenti possibili. La bellezza tratteggiata a matita e non ostentata. Una vera novità di questi tempi.

Sentendo il mio sconforto, qualcuno mi ha regalato Le nostre anime di Notte il romanzo postumo, pubblicato in Italia, dall’illuminata casa editrice, a febbraio di quest’anno.

Ho letto il romanzo breve in 3 ore, l’ho letto con la stessa ingordigia dei primi, mi è piaciuto ma non mi ha sconvolta. Siamo sempre a Holt, e stavolta l’obiettivo focalizza 2 anziani e la poca gente che vi gira intorno. L’idea di partenza è geniale, è uno dei temi dello scrittore, le “strane relazioni” “l’amore nasce dove non si sa”.  Due vicini di casa che si sono sfiorati e incrociati durante la vita, ma non si sono mai conosciuti cominciano a frequentarsi. È un libro sulla vecchiaia, e sulla libertà che regala il poco tempo che resta, un libro sul bisogno di essere arditi, almeno, una volta, durante l’esistenza. Una storia che non fa terremoti, ma produce sentimenti e dolori. Una storia con pochi eventi e un sacchetto di carta con il pigiama e lo spazzolino da denti. Ma si sente che è una storia in cui Haruf ha fretta, fretta di dire e fretta di finire, sono pagine in cui il meraviglioso rigore della parola lascia il posto alle slabbrature del tempo che non c’è più, all’imperfezione delle cose fatte all’ultimo minuto.

Le nostre anime della Notte chiude un ciclo e ci permette di andarcene da Holt, senza rimpianti e senza frustrazioni. Ora il cartello scolorito della cittadina in Colorado si vede in lontananza.

Anna Chisari

 

 

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