La Gazza ladra e l’intellettuale


Per il mio lavoro filosofico, giro per il nostro “bel” paese. Conferenze. Incontri con colleghi e colleghe. Conversazioni socratiche. Non sono una pop star e non intendo esserlo. Mi interessano le discussioni, non le divisioni o le preclusioni. Il do ut des non mi appartiene. Lotto per ciò che credo, con giustificazione, per le cause giuste, senza cedere al conformismo o all’esibizionismo. Lotto per un’università migliore, di cui non accetto la mediocrità, né strutture o organismi che paghiamo troppo, e in cui non accetto neanche il collega accanto sposato al potere con l’intento a sua volta di far potere.

Non accetto un’università in un cui l’onore dell’intellettualità viene sempre più a calare. E, sono dispiaciuta per quel professore di liceo in pensione, che solo pochi giorni fa, in occasione di un festival gratuito, aperto a tutti/e, discutendo Antonio Gnoli e io delle vicende della tirannide siracusana capitate all’illuso Platone, mi sono semplicemente concessa la possibilità di esprimere la credenza giustificata che, più o meno, ieri come allora, benché allora vigesse un’idea ben diversa della polis odierna, la figura dell’intellettuale in determinati ambienti rimanga marginale, soprattutto quando si confronta con alcuni poteri, forti o “deboli” – il potere del popolo (vedi il capolavoro di Canetti Massa e Potere”).

Il professore di liceo ha reagito in modo offensivo nei miei confronti, con una sorta di machismo che ormai va sempre più di voga. Senza pensare alla sua dignità e al suo possibile intellettualismo, che magari non vi è e non vi è mai stato.

Ma torniamo al punto da cui sono partita. Per il mio lavoro, giro per l’Italia – spesso mi reco all’estero, ma lì, nel bene o nel male, in ambito accademico, il discorso si attesta ben diverso.

Quando viaggio in Italia, e quando mi si rende possibile, tento di far risparmiare l’università (nonostante sappia che i denari vengano gettati a destra e a manca) e recarmi a “pasteggiare” in baretti: un toast e un bicchier d’acqua a qualunque serio intellettuale risultano più che sufficienti, specie se dopo deve sostenere la sua lectio magistralis.

L’intellettuale ha il vizio di leggere. “Brutto vizio”, a parere dei più. Italiani e italiane leggono poco, davvero poco – così riportano i dati – sia libri che quotidiani. Al baretto l’intellettuale si trova disperso. O ha qualche suo classico con sé, che tuttavia frastuono e musica “bum bum” gli impediscono di leggere, oppure si ritrova di fronte coi giornali da bar, che sono di solito due: un giornale locale e La Gazzetta dello Sport, ovvero la Gazza, che da qualche anno si è data un ridicolo slogan “Tutto il rosa della vita”. Solo perché le sue pagine sono di color rosa o perché qualcuno, il nostro professore liceale incluso, crede, insieme a molti altri/e che la Gazza contenga in sé davvero tutto il rosa della vita? Quale assurdità. Platone inorridirebbe.

Sta di fatto che nei baretti italiani la Gazza va a ruba – ma non mi avevano riferito che la sua edizione online ha un numero di utenti unico quotidianamente?

Ecco, riesco a procurarmela, anzi a rubarmela quasi da ladra. La sfoglio. Uffa non è la Gazza su cui scriveva un mio amico intellettuale trent’anni orsono, né la Gazza che trattava tutti i rami dello sport (tra l’altro mi pare nascesse in verde e non rosa).

Quale intellettuale non ama e pratica sport? Cosa era il gymnasium? Io però sono rimasta a Candido Cannavò, superbo direttore della Gazzetta dello Sport, sui cui Giorgio Napolitano si è espresso in tal modo: “il giornalista di lungo corso che dalle colonne della Gazzetta dello Sport, di cui è stato per tanti anni direttore, e dalle più diverse tribune mediatiche, ha raccontato con passione e acutamente divulgato i valori di lealtà e di competizione che hanno reso sempre più popolare il gioco del calcio e lo sport italiano”. Ora, invece, anche solo a sfogliarla, la Gazza pare, oltre che scritta male, un giornale proprio da bar, in cui i valori sono scomparsi, a favore del gossip di alcuni protagonisti, veri o no, a causa delle troppe sponsorizzazioni. Pare, ormai, gestita da uffici stampa e da manager che impongono i loro “personaggi” e chiacchiere varie. Again, povero Platone. Solo una raccomandazione, affinché, Platone e i pochi intellettuali italiani rimasti non si ritirino definitivamente nelle loro elite (basti solo immaginare a qualche luogo esclusivo di Londra): cara Gazza attuale, nonostante le pressioni, quando dovete intervistare qualcuno o qualcuna, fate sì che si esprima in italiano corretto, che non si contraddica, che non si esalti, che mantenga un contegno, e che non rilasci dichiarazioni da fanciulli/fanciulle beoti/e e ignoranti. Basti pensare pure a con quale leggerezza il volley femminile si sia dedicato alla Fondazione Veronesi e allo Ieo. Con quale competenza? E quante persone hanno illuso, poi morte come mosche? Occorre davvero maggiore informazione in questo paese. E che solo i competenti parlino. Agli altri, i loro giochi di soldi, narcisistici, e da gazze ladre. Regaliamo loro (come al prof. pensionato) un librettino sull’umiltà, o forse ricordiamo loro altre storie, o forse, meglio ancora, un semplice cd: La gazza ladra, ovvero per chi non lo sapesse, opera di Gioacchino Rossini su libretto di Giovanni Gherardini.

Ma va bè, se coloro che guizzano da protagoniste e da protagonisti sulla Gazza non sanno nulla di Rossini e libretti, e vivono di supponenze da super-eroi malati di onnipotenze o deficienze, che fare? Lasciamoli/e lì. La loro mente non è colta, è, ripeto, infantile. E il loro corpo? Ora desiderato dai fans, domani distrutto da allenamenti nazi, perché occorre vincere e guadagnare e ottenere sponsorizzazioni. L’intellettuale? Che discute? Un povero imbelle. Per loro. Eppur conosce.

 

Nicla Vassallo

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