Tante rose e tante spine!


Quanto mi piacciono le rose! Mi perdo a guardarle sorseggiando il caffè sul mio terrazzo al mattino. Le amo, mi emozionano. Sono eleganti, superbe, intense, mutevoli e pericolose come le più belle cose della vita.

Ma quando ha inizio la storia della Rosa? Di questa pianta amata e coltivata da millenni, ispiratrice di poeti, pittori, regine, simbolo di amore e purezza ma anche di odio e guerre?

Secondo i ritrovamenti fossili effettuati negli Stati Uniti, e più precisamente in Colorado ed Oregon, la sua comparsa sulla terra avvenne circa 4 milioni di anni fa ma notizie più precise riguardo, soprattutto all’interessamento dell’uomo per queste piante, si hanno in epoche relativamente più recenti: 5.000 anni fa la rosa era coltivata dai Sumeri ma non è escluso che già l’uomo preistorico avesse scoperto le ottime proprietà nutrizionali dei suoi frutti dal gusto piacevole e ricchi di Vitamina C.

Nell’antico Egitto le rose erano consacrate alla dea Iside e corone di R. richardii, detta anche Rosa santa di Abissinia, facevano parte dei tesori sepolti con i defunti; presso gli antichi Greci era grandemente apprezzata tanto da essere decantata da Omero come simbolo della bellezza femminile e come ornamento degli scudi di Achille ed Ettore, era il fiore di Afrodite, dea dell’amore e Saffo la chiamava “REGINA DEI FIORI”. Anche Erodoto (490 a.C.) ci parla di Rose ed in particolare di quelle del giardino di Re Mida il quale, esiliato in Macedonia, trasferì, in quelle terre, le piante dalla Frigia: era conosciuta anche una rosa che ripeteva la fioritura, cosa assai rara in quei tempi; pare si trattasse della R. damascena bifera.

Nell’antica Roma per la rosa, vi era una vera passione anche se ad appannaggio dei ricchi che nei loro giardini le coltivavano e le usavano per ornare i banchetti; tristemente famose erano le feste organizzate da Eliogabalo, imperatore romano nel 218 d.C. a soli 14 anni, durante le quali cascate di petali venivano rovesciate sugli ospiti che, sotto il loro peso e, forse inebriati dal profumo e dal vino rimanevano soffocati; Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), noto naturalista del tempo descriveva già pochi anni d.C. le rose più apprezzate dai sui concittadini: la R. damascena, la R. moschata dall’inebriante profumo e rifiorente, la R. gallica nonché la R. canina tutte coltivate nei dintorni della capitale e vicino a Napoli dove erano possibili due raccolti: ma, probabilmente, la produzione non era sufficiente a soddisfare le richieste poiché navi cariche di fiori arrivavano dal Nord Africa, dall’Egitto, da Cartagine e da Cirene. Con la caduta dell’impero romano bisogna arrivare fino al Medio Evo, per ritrovare, nel Vecchio Continente, un vivo interesse per la rosa, in particolare con l’arrivo, in Europa, grazie ai pochi crociati di ritorno dalla guerra santa, della Rosa gallica ‘Officinalis’ che a quel tempo venne usata come pianta medicinale e per questo coltivata prima nei giardini dei conventi, e nei primi Orti Botanici come per esempio quelli di Padova e Pisa, fondati nel 1540 e poi, grazie alla capacità dei suoi petali di conservare il profumo anche dopo l’essiccazione, in Francia, nella regione di Provins, per la produzione di profumo, acqua di Rose e della famosa Conserva di Rose di Provins. Dalle lontane terre dell’Islam, ai tempi delle crociate, vennero introdotte nel Vecchio Continente sicuramente altre Rose dal momento che queste erano considerate, dai persiani, le regine dei giardini (al punto che la parola persiana per indicare “rosa” e “fiore” era la stessa) e proprio da questo popolo gli Arabi, con le loro invasioni nel VII secolo, depredarono oltre all’arte e alla cultura anche l’arte dei giardini e l’amore per quella magnifica pianta che, forse per loro, era sconosciuta, prima di allora. Del resto un erudito persiano, Omar Khayyam, matematico e scienziato morto nel 1123 aveva scelto la rosa come simbolo della perfezione ed aveva auspicato che la sua tomba potesse essere messa in un luogo scelto in modo che il vento del Nord potesse spargervi sopra petali di rosa. Ma il fatto che suscitò maggior interesse in questo fiore fu, alla fine del ‘700 l’importazione, dal lontano oriente, delle rose Cinesi, coltivate da millenni nei giardini di quel lontano paese e conosciute in Europa forse già dal 1500 come testimoniano diversi dipinti ma che non si diffuse probabilmente per le difficoltà di coltivazione e, poi, all’inizio dell’800 della Rosa al profumo di tè (chiamata così perché i primi esemplari arrivavano in Europa viaggiando sulle navi cariche di foglie di tè).

Queste rose avevano una caratteristica strabiliante: erano fiorite praticamente tutto l’anno! Proprio in quegli anni, precisamente nel 1799 Giuseppina Beauharnais moglie di Napoleone comprò una ‘ casetta di campagna ’, il castello della Malmaison in cui, nell’arco di un decennio, collezionò tutte le piante che poté reperire in quei tempi e spinta da un’inarrestabile amore verso le rose fomentato proprio dalla comparsa di quelle straordinarie piante che non cessavano mai di fiorire creò con l’aiuto dei migliori vivaisti del tempo uno splendido roseto in cui si potevano contare centinaia di varietà provenienti dagli angoli più remoti della terra e fino ad allora praticamente sconosciute (il vivaista Kennedy aveva un passaporto per poter attraversare la Manica senza pericoli per recarsi in uno dei due paesi che allora erano in guerra; le navi che trasportavano piante per il Giardino della Malmaison erano munite di uno speciale lasciapassare che permetteva loro di navigare senza il rischio di diventare bottino di guerra); sicuramente l’Imperatrice ebbe un ruolo importantissimo nel promuovere la coltivazione delle rose poiché, proprio in quegli anni, vennero create le più belle varietà ma un ruolo altrettanto importante lo ebbe Pierre J. Redouté (1759-1840), l’artista cui Giuseppina chiese di illustrare le sue collezioni di piante; dalle mani di quel sensibile pittore e dall’erudizione del botanico Thory nacquero, oltre al resto, le tavole che illustravano superbamente le 170 rose coltivate nel giardino del castello che in questo modo acquistarono fama mondiale.

Purtroppo la morte prematura di Giuseppina non le permise di apprezzare i frutti che la sua passione fece nascere: non vide mai i sontuosi fiori di ‘Suovenir de la Malmaison‘ che deve il suo nome al Gran Duca di Russia in visita al castello in cerca di rose per i giardini imperiali di San Pietroburgo; non conobbe le centinaia di splendide e rifiorenti varietà che vivaisti del calibro di Hardy, Cles, Vibert solo per citarne alcuni crearono negli anni successivi; non seppe mai che grazie a lei nel giro di 30 anni si produssero più di 2000 nuove varietà! Di quel magnifico giardino, dopo la morte dell’Imperatrice, rimase ben poco e, purtroppo, ancora oggi nonostante i lavori di restauro del roseto originale non rimane che una piccola e brutta imitazione. Alcuni Autori consigliano addirittura di visitarlo quando non vi sia il rischio di vedere qualche rosa già fiorita, per lasciare che sia la fantasia a guidare gli occhi alle immagini di antico splendore che il Castello, fortunatamente ben conservato, e il giardino inglese, nella sua naturalezza, lasciano intravedere. Ma forse fu proprio per merito di Giuseppina Bonaparte che la Francia è ancora oggi il paese in cui si possono ammirare splendidi giardini dedicati alla rosa: uno di questi, a Sud di Parigi, è quello di Hay les Roses, nato per volontà di un grande appassionato di rose, Jules Gravereux, a fine 800 la cui forma, a triangolo rettangolo crea un gigantesco ventaglio fiorito decorato da un medaglione centrale costituito da una vasca circondata da aiuole di rose e prato. L’altro famosissimo giardino di rose francese, Bagatelle, è nel cuore della capitale, nel Bois de Boulogne in cui ogni anno dal 1909 si tiene il Concorso Internazionale di Rose Nuove; la collezione vanta più di 7000 rose in 700 varietà diverse disposte in grandi aiuole contornate da bosso dove varietà sarmentose si arrampicano su tripodi in ferro ed ai loro piedi i cespugli si mescolano tra loro circondati da prato. Ci sono molti altri giardini dedicati alle rose, anche in Italia, in cui forse il più interessante per gli amanti di Rose Antiche è il Roseto Fineschi di Cavriglia nella Val d’Arno, voluto dal prof. Gianfranco Fineschi, direttore della Clinica Ortopedica dell’Università Cattolica di Roma che, si dice, fu arricchito di Varietà Antiche in quanto il proprietario fu illuminato da una frase scritta da J. Gravereux a D’Annunzio: “Un roseto-collezione che non possegga varietà antiche è come una donna graziosa ma un poco sciocca”. Il giardino conta 8000 rose tutte catalogate ed etichettate.

Anna Chisari

 

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