Sono felice. Mi commuovono profondamente gli studenti che protestano per andare a scuola. Esulto per le interviste rilasciate da giovan* che reclamano il loro diritto allo studio. Mi esalta l’idea che, finalmente, gli alunni hanno capito l’importanza della scuola. Della centralità dell’imparare, dello stare insieme, di essere classe, che il sapere è più importante dell’apparire. Ahimè e Ahinoi, questa consapevolezza e questa nuova coscienza arrivano dopo un anno di pandemia, dopo milioni di morti e 366 giorni di isolamento, 527.040 minuti (il 2020 era bisestile) di paura, 31.622.400 secondi senza gli altri, gli abbracci, gli incontri, gli scontri, le condivisioni. I ragazz* adesso sanno, che non è bello vivere senza la prof di chimica, che ti interroga impietosa e ti rimanda a posto mettendo sul registro un 3, che si trascinerà fino alla fine dell’anno; che i congiuntivi, il Manzoni e il Dolce Stilnovo sono difficili da imparare, ma che sono la chiave che libera dall’ignoranza e dalla noia; che le equazioni, l’algebra e la geometria sono insopportabili, ma aprono orizzonti e ragionamenti che nessun videogioco potrà insegnare.
Professori e studenti in “DAD – didattica a distanza” hanno dato il meglio, si sono sforzati e hanno sperimentato modalità di insegnamento e apprendimento, hanno cercato di far passare le emozioni della Divina Commedia, mentre cadeva la connessione e la voce arrivava a singhiozzo, hanno affrontato la grammatica inglese mentre il fratellino piccolo piangeva e si buttava giù dal tavolo della cucina. Tutti hanno fatto la loro parte. Ma la scuola è un altra cosa. La scuola è la vita che si impara tra l’interrogazione e il bidello che ti scopre a fumare in bagno. La scuola è lo stare in gruppo e superare la diversità o non superarla e anche quella è scuola. La scuola è i compagni che ti prendono in giro (non il bullismo), imitare il più figo che ha già letto libri importanti e tu sei fermo a Topolino. La scuola è avere insegnanti che ti introducono in mondi sublimi e bellissimi. La scuola è imparare che anche quelli che stanno in cattedra sono uomini e donne con i loro limiti e le loro grandezze. Dopo decenni in cui la scuola era stata in silenzio, offuscata, vilipesa e addirittura ritenuta inutile, c’è voluto il Covid19 per riportare al centro del dibattito mondiale la necessità della scuola. Di una scuola che insegni, che dia ai giovani gli strumenti per affrontare la contemporaneità, che formi le nuove generazioni al loro tempo e al tempo che verrà. Evviva la scuola e tutti coloro che insegneranno e che impareranno!
Anna Chisari