Intramontabile Gelato


Nel suo variegato percorso tra storia e geografia, il gelato si è tramutato da dessert per ricchi a street food amato da tutti, non solo in estate. Già in Mesopotamia e in Egitto probabilmente si consumavano bevande con ghiaccio o neve, ma sono i maestri pasticceri in Italia ad avergli dato la forma e i gusti oggi diventati celebri in tutto il mondo.

La prima coppa da gelato
Quella che potrebbe definirsi la prima coppa da gelato è stata trovata in Egitto dentro una tomba della II dinastia (2.700 a.C.). Una specie di stampo, due coppe in argento, in una andava la neve (o il ghiaccio tritato), nell’altra la frutta cotta. Le “neviere”, luoghi dove conservare la neve e fabbricare il ghiaccio, sono in realtà un’invenzione molto antica.
Epoca romana

Nell’antica Roma esistevano dei pozzi per il ghiaccio e la neve che gli schiavi portavano dai monti. Tra le rovine di Pompei vi sono tracce che fanno pensare a negozi in cui si vendeva ghiaccio (proveniente dal Vesuvio) tritato e addolcito con miele.

II millennio
La raccolta di ghiaccio per la conservazione di alimenti è in uso in Giappone (dove l’imperatore Nintoku proclamò una giornata del ghiaccio) e in Cina da oltre mille anni. Nell’antica raccolta di odi Shih Ching si parla di un festival della raccolta del ghiaccio. Durante la Dinastia Tang si beveva una bevanda di latte (di capra, mucca o bufala) cotto con farina e canfora e messo in contenitori di ferro sotto neve o ghiaccio.Gli arabi preparavano bevande fredde con ciliegie, cotogne e melograni. La parola “sorbetto” proviene dal turco sherbet – bevanda fresca -, dall’arabo sharab, sorbire, bere.
Epoca Inca
Il primo “gelato” del continente americano è il gelato di “paila”, tradizione delle popolazioni native dell’Ecuador. I Caranqui (o Caras) fanno spedizioni per andare a prendere blocchi di ghiaccio e neve dalla cima del vulcano più vicino, l’Imbabura, e li confezionano in spessi strati di paglia e foglie di frailejón come isolanti termici. Il gelato si fa versando ghiaccio, neve e succhi di frutta in un grande paiolo chiamato “paila” – e a volte latte – mescolando velocemente fino a quando non si solidificava. Con questa tecnica ancestrale, via via perfezionatasi, gli helados de paila si preparano ancora oggi in modo tradizionale in alcune città dell’Ecuador, in particolare nell’odierna Imbabura.
Nel Rinascimento
Secondo la leggenda, la famiglia de’ Medici organizza un concorso per i piatti più originali che viene vinto da un tal Ruggeri, pollivendolo, con una ricetta di una composta raffreddata di acqua, zucchero e frutta probabilmente più simile a una granita o a una cremolata: “ghiaccio all’acqua inzuccherata e profumata”. Se poi fu proprio Caterina de’ Medici, in occasione delle nozze con il Duca d’Orleans, futuro Enrico II, a portar con sé Ruggeri e quest’arte Oltralpe, questo è oggetto di disputa.
Altra leggenda in bilico con la realtà è quella dell’architetto Bernardo Buontalenti e la sua firma su un dessert ghiacciato offerto a Carlo V, re di Spagna, per una celebre festa di inaugurazione di Forte Belvedere da Cosimo I de’ Medici nel 1559. Per quest’occasione alcuni reputano Buontalenti il vero inventore del gelato: una crema fredda a base di latte, miele, tuorlo d’uovo, un tocco di vino, aromatizzata con bergamotto, limoni ed arance. Di sicuro, questa è la base della “crema Fiorentina” o “gelato Buontalenti” che ancora oggi si può gustare in tutte le migliori gelaterie di Firenze. Sembra anche che il Buontalenti sia arrivato a costruire un macchinario formato da pale fatte ruotare a manovella per mantecare il composto e da un cilindro – intorno a cui veniva lavorato il gelato – in cui era messo il ghiaccio.
1674
Il francese Nicolas Lemery cita la prima ricetta in francese di ghiaccio aromatizzato nel libro Recueil de Curiosités les plus rares et admirables, una raccolta di curiosità naturalistiche varie.
1685- 1686
“Cantinette e cantimplore stieno in pronto a tutte l’ore, con forbite bombolette chiuse e strette tra le brine delle nevi cristalline. Son le nevi il quinto elemento che compongono il vero bevere: ben è folle chi spera ricevere senza nevi nel bere un contento”. Così lo scienziato poeta Francesco Redi s’esprime nel poema Arianna inferma sulla bontà delle bevande ghiacciate. La bomboletta è un vaso di vetro col collo torto da immergere nel ghiaccio o nella neve per rinfrescare il vino (il giardino del Granduca aveva una collinetta adibita a ghiacciaia). La cantimplora è un vaso di vetro che ha nel mezzo un vano nel quale si mettono pezzi di ghiaccio, o di neve, per raffreddare il vino contenuto, e un lungo e grosso collo che sorge da un fianco come un annaffiatoio; Lorenzo Magalotti la definisce più avanti una sorbettiera ampia e dorata (l’ambasciatore dei Medici a Vienna nelle sue Canzonette anacreontiche del 1723 descrive, in versi, le prime rudimentali gelatiere e i sorbetti che allora si conoscevano).
Mentre in Toscana usano questi contenitori, anche in Sicilia nasce una fiorente industria del ghiaccio. Pozzetti o fossati naturali vengono riempiti di neve in inverno (prelevata dall’Etna, dai monti Iblei, dalle Madonie) per poi venderla a blocchi in estate. Francesco Procopio de’ Coltelli, cuoco siciliano, emigra a Parigi e apre un celebre caffè, antesignano di questa tipologia di locali. Il Cafè Procope diviene punto di ritrovo della crema della società e il cuoco s’ingegna con le sue “acque gelate” sostituendo il miele con lo zucchero e aggiungendo sale al ghiaccio per raffreddare più rapidamente le preparazioni, aumentandone la durata. Nel suo menù oltre alle “acque gelate” (la granita) c’erano “fiori d’anice”, “fiori di cannella”, “frangipane”, “gelato al succo di limone”, “gelato al succo d’arancio” e “sorbetto di fragola”.
1692-1694
Ecco le prime ricette ben codificate per la preparazione di sorbetti: sono di Antonio Latini, capocuoco di un vicerè spagnolo a Napoli, che in Lo scalco alla moderna, overo l’arte di ben disporre i conviti, con le regole piu scelte di scalcheria trascrive le migliori ricette per preparare sorbetti di Napoli, descritta come culla di quest’arte, non più appannaggio solo dell’aristocrazia ma anche diffusa nelle locande. Nel volume c’è il capitolo “Trattato di varie sorti di sorbette, ò di acque agghiacciate” che insegna come mescolare la neve con zucchero, sale, succo di limone, fragole, amarene, cioccolata. Latini cita anche gusti ai pinoli e alle melanzane. Interessantissima la menzione poi del “sorbetto di latte che prima sia stato cotto”, testimonianza dell’evoluzione del sorbetto verso il gelato moderno: cuocere una caraffa di latte, zucchero e acqua, guarnire con cedro candito e zucca, e poi ghiacciare. Questo sorbetto al latte, secondo alcuni storici della gastronomia, può dirsi “il primo gelato della storia”.
La maestria degli italiani nella preparazione dei sorbetti è nota e riconosciuta in tutta Europa. Il pasticcere francese Nicolas Audiger nel suo trattato La Maison reglée avvisa i lettori che l’unico metodo prescritto per creare bevande ghiacciate e rinfrescanti è “lo stile italiano”. Si guarniscono con vino, spezie e frutta.
1769-1770
Wafer arrotolati a forma di cono sono in uso dalla fine del Settecento, serviti a fine pasto o accanto a frutta e pasticcini. Li citano Bernard Claremont in The Professed Cook (1769) e Mary Smith in The Complete Housekeeper & Cook (1770).
1770
Il gelato sbarca in America, quando Giovanni Basiolo lo porta a New York. A quell’epoca si conoscono pochi tipi di gelato, quello fatto mischiando acqua e frutta (il sorbetto) e quello con latte e cioccolato o cannella. Basiolo fa conoscere lì la panera, semifreddo di caffelatte tipico della città di Genova. Nel 1773 appare su un giornale la prima pubblicità di un gelataio: “Appena arrivato da Londra monsieur Filippo Lenzi, pasticciere, fa e vende frutta candita, brandy, paste, gelatine, dragees, ogni sorta di caramelle, d’orzo, di zucchero bianco e marrone, gelati e frutta”.
1775
Il medico Filippo Baldini pubblica a Napoli il De’ sorbetti e de’ bagni freddi saggi medico-fisici, primo libro interamente dedicato alla materia. Qui classifica i sorbetti in subacidi (cedro, limone, fragole, melarancio, ananas, uve acerbe), aromatici (alla cannella, al cioccolato, al caffè, pistacchi, pinoli) e lattiginosi (sempre più vicini ai gelati odierni). Parlandone, gli attribuisce virtù medicinali, dichiarando peraltro: “I gelati adunque devono infiniti buoni effetti produrre nel corpo nostro”.
1782
George Washington inaugura con un party con gelati in onore della nascita del Delfino di Francia una lunga serie di feste e riunioni condite dai freschi dessert anche settimanalmente. Nell’arco dell’estate del 1790 risultano spesi, in gelati, 200 dollari.
1843-51
Svolta nella storia del gelato: nel 1843 Nancy M. Johnson crea e brevetta una macchina a manovella per fare il gelato (“artificial freezer”), i cui principi base resistono tutt’oggi. Due anno dopo William Young la motorizza. Nel 1851 Jacob Fussel, proprietario di una latteria, mette nella ghiacciaia la panna avanzata e le eccedenze giornaliere di latte, e poco dopo impianta la prima fabbrica di panna ghiacciata a Seven Valleys.
1881
Nascono i sundae, le coppe di gelato alla vaniglia con una colata di salse dolci o sciroppi e guarnizioni varie. La loro patria – e perfino la nascita del nome – è oggetto di contenzioso tra le città di Two Rivers in Wisconsin e Ithaca nello stato di New York.
1884
Una delle storiche rivendite di gelato apre a Torino: è la Gelateria Pepino, tuttora in attività. Una delle maggiori innovazioni è l’uso del ghiaccio secco per il trasporto dei gelati, ma a loro si deve anche il brevetto nel 1939 del primo gelato ricoperto su stecco.
1896-1904
Nasce il cono gelato. Italo Marchioni, dopo essere emigrato a New York ed aver aperto alcuni ristoranti, comincia a vendere le prime coppette di cialda nel 1896 e deposita il brevetto nel 1903. La paternità dell’idea è comunque contestata da Antonio Valvona che l’anno prima aveva brevettato in Gran Bretagna un forno per produrre “coppe di biscotto per gelati”. Nel 1904 alla World Fair di St. Louis il siriano Ernest A. Hamwi, produttore di zalabia (una sorta di wafer), il cui stand è accanto a quello di uno dei cinquanta venditori di gelati, offre le sue cialde ripiegate a forma di cono al posto dei piattini. Vent’anni dopo negli Usa si vendono 245 milioni di coni annui.
1920
Nascono i camioncini-gelato. Harry Burt, titolare di una gelateria a Youngstown in Ohio e ideatore di uno dei primi gelati da passeggio con lo stecchino, il Good Humor bar, investe nell’acquisto di 12 furgoncini dotati di apparecchiature di refrigerazione, per distribuire gelato in tutta la Mahoning Valley. Negli anni ’50 giunge ad averne 2.000.
1923
Nascono i ghiaccioli. Il californiano Frank Epperson deposita il brevetto del ”frozen ice on a stick”. In origine lo chiama Eppsicle, ma il nome cambia poco dopo in Pop’s Icle (Popsicle è a tutt’oggi il nome commerciale dei ghiaccioli negli Stati Uniti). Inizialmente li vende a cinque centesimi l’uno, in sette gusti tra cui quello alla ciliegia che è ancora oggi il più diffuso. Due anni dopo cede i diritti d’ingegno e il marchio Popsicle alla Joe Lowe Company di New York che ne avvia produzione e distribuzione su larga scala.
1927
Per tutto l’Ottocento e i primi decenni del Novecento il gelato artigianale si fa con macchine manuali, versando nell’intercapedine intorno al secchiello ghiaccio e sale, che abbassa la temperatura, mentre si gira di continuo la manovella finché il composto non si rassoda. Il bolognese Otello Cattabriga idea un sistema meccanico che imita, automatizzandolo, il sistema “stacca e spalma“ tipico della lavorazione nelle mantecatrici a mano. La sua idea di applicare un motore alla spatola con la quale si mescola il gelato ha un tale successo che, dalla bottega in via Mazzini che aveva, si mette a produrre “motogelatiere elettriche” e diventa famoso in tutto il mondo.

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1938

J. F. McCullough (soprannominato Grandpa) e Alex McCullough inventano il gelato soft, antesignano del Dairy Queen, perché si accorgono che la miscela pare più saporita prima della fase finale di congelamento, quindi studiano come incorporare più aria nel gelato.

Dal Dopoguerra a oggi

Mentre negli Stati Uniti si aprono le prime fabbriche, in Italia il gelato confezionato arriva solo nel Dopoguerra, con i primi gelati sullo stecco che aprono la strada a un vero e proprio boom negli anni Cinquanta e Sessanta che dura ininterrotto. Perché, mentre da un lato continua l’affinamento delle tecniche e degli ingredienti del gelato artigianale, dall’altro il Novecento è il secolo del consumo di massa grazie al susseguirsi di innovazioni, di abbinamenti, di tecnologie di surgelamento e di intersezioni con la storia del costume. I cartelloni smaltati dei gelati da passeggio da 100 lire suscitano a tutti ricordi gustosi ed emozionati, i grandi autori di fumetti vi ci si dedicano (da Jacovitti a Giorgio Cavazzano) e gli slogan entrano nella cultura popolare. I consumi crescono, la produzione migliora i propri standard di qualità e sicurezza. Mentre negli anni Cinquanta in Italia ne mangiavamo due etti e mezzo a testa all’anno, ora siamo a oltre 5 kg (dati Aidi) e il trend è in aumento, perché il gelato ha tutte le carte in regola per essere considerato un alimento gradevolissimo, caratteristico, igienicamente impeccabile, con ottime proprietà nutrizionali in una gamma infinita di varianti e gusti sempre nuovi. E allora vai di gelato.

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