A Sydney Sibilia era andata proprio bene, con il primo film quasi omonimo, Smetto quando voglio (2014). Divertente, spigliato, sardonico quanto serve per raccontare la storia amarissima dei ricercatori italiani disoccupati o male occupati, come i brillanti latinisti che lavorano alla pompa della benzina. La vicenda era tanto assurda da diventare realistica, in questi tempi grami.
Il regista ci ha riprovato, con un sequel altrettanto ben fatto, Smetto quando voglio – Masterclass, ma ha commesso un errore. Lo spunto iniziale, che dava senso a tutta l’operazione, è dato per scontato.
Della Banda dei Ricercatori non sentiamo più il dramma, gli anni di studi buttati al vento, i sogni infranti, l’intelligenza sprecata. Sembrano tutti quanti più lieti di fare i gaglioffi e stare in prigione, invece di passare il tempo fra biblioteche e laboratori. Il discutibile messaggio per i giovani è questo: a trafficare con le droghe ci si diverte di più.
Ma non è questione di messaggi; le trovate sono ancora divertenti, i personaggi sufficientemente ambigui. La giornalista querula è antipatica esattamente come la poliziotta puntigliosa e la moglie incinta lagnosa. I protagonisti sono credibilmente cinici e disperati. Ma stavolta la torta non lievita. E si teme già per il terzo episodio della saga, che è ancora in lavorazione e sa già di replica stanca. Un’ottima idea che sembra in parte sprecata.
Smetto quando voglio – Masterclass, di Sydney Sibilia, con Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi. Commedia, Italia, 2017, nelle sale dal 2 febbraio 2017, 01 Distribution
Massimo Scotti