Il design unisce


Milano. 24 ragazzi, tutti riuniti in una stanza, intenti a squadrarsi. Vengono da Torino, Venezia, Roma, Como, Firenze e Cagliari, oppure sono proprio milanesi. Qualcuno sta seduto, altri in piedi. C’è chi si tormenta una ciocca di capelli, chi lancia sguardi curiosi verso la porta d’ingresso. Si vedono dreads e tacchi alti, tute sportive e piercing al naso; c’è chi non pronuncia la ‘c’ e chi mette doppie dove non ci sono. Tutti, però, sono lì per un motivo: il design.

Tutti questi ragazzi, infatti, e io con loro, hanno avuto la possibilità di partecipare a un workshop di 4 giorni organizzato dallo IED (Istituto Europeo di Design), per creare una campagna pubblicitaria per l’istituto stesso. Un tempo molto ridotto. Ma è bastato per unire 20 persone di città diverse sotto l’insegna dell’arte. È stata una full immersion nel mondo del ”bello”, di flussi di idee e nuovi approcci alla progettazione. Se me l’avessero detto prima di partire non ci avrei mai creduto.

Da brava sarda, mi ghiacciavo nelle strade del centro di Milano, mentre parlavo con dei ragazzi di Firenze dei pro e dei contro dei nostri studi universitari, ma ciò che emergeva dai nostri discorsi e che non potevamo ignorare neanche volendo, era che l’amore per il design e per tutto ciò che è creatività e arte è dentro di noi. E parlare con persone che condividono lo stesso amore è esplosivo. Si sono abbassate le difese e i limiti convenzionali; le idee fluivano da una mente all’altra.

E tutto questo è successo a Milano. Ogni sera, dopo il workshop, il gruppo di studenti si riuniva, e via alla scoperta di questa città così diversa dalle nostre natali. Ero stupita e piena di meraviglia davanti agli allestimenti delle vetrine di arte e design in ogni angolo della città. I colleghi di Milano mi guardavano come una creatura rara¸ quasi con tenerezza. Erano divertiti dal fatto che continuassi a fermarmi ogni 10 metri con il naso schiacciato sul vetro del negozio o dell’esposizione artistica. Loro hanno questi spettacoli sotto casa, li vivono direttamente e se ne nutrono quasi senza accorgersene. Io, invece, sentivo stimoli artistici a ogni boccata d’aria che prendevo. A Cagliari non c’è una cultura diffusa del design. Ma non perché i sardi siano ignoranti. Semplicemente, perché non la vivono tutti i giorni. Una collega di Milano mi dice: “Il Design per noi milanesi è come il mare per voi sardi. Quando noi ci troviamo davanti al vostro mare, siamo meravigliati nel vedere questa forza della natura, così limpida e maestosa. Staremmo un giorno intero a guardare le onde che si trasformano in schiuma. Voi, invece, avendolo sempre vicino a casa, siete abituati a vederlo e a viverlo. Questo non vuol dire che non vi emozioni più. Semplicemente, l’avete dentro di voi. Fa parte del vostro essere, e quando lo vedete vi sentite a casa. Lo stesso succede a noi con l’essenza artistica della nostra città. La respiriamo ogni giorno, è nella nostra cultura. Anche non accorgendocene, ci dà mille stimoli”.

Ho trovato meraviglioso questo sentimento di appartenenza che si tramuta in condivisione. Ma ancora più straordinaria è la possibilità di emozionarci come bambini e portarci dentro un pezzettino di un’altra città, di un altro popolo, di un altro modo di vivere e pensare, così da riempire la nostra vita di nuovi stimoli e impulsi positivi. Una volta tornata a Cagliari, ho sentito la necessità di tradurre quella nuova voglia di vivere nei miei studi e nel mio lavoro, e la creatività è rinata spontaneamente. È qui che lo IED, organizzando questo workshop, ha vinto. Ha unito varie città d’Italia attirando noi studenti come meglio non avrebbe potuto fare: facendoci lavorare insieme e unendo le nostre passioni con il lavoro.

 

Carla Mascia

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