I Racconti delle scale sono le parole di un condominio. La narrazione degli abitanti di un palazzo semiperiferico, che si animano per descrivere la propria casa, la propria vita dentro la casa. Sono la casa e la vita che si mostrano come facce della stessa medaglia in un intreccio di corridoi e sospiri, di living e aspirazioni, camere da letto e amori finiti. Sono le voci di chi abita l’edificio o lo ha abitato, le voci delle abitazioni e dei loro spazi. I racconti si intitolano con il numero dei mq della casa e le scale sono le connessioni e le interdipendenze. Le case sono piccoli mondi dove tutto succede e tutto si compie, espressioni profonde di chi ci vive e le pensa. Una casa sa del proprio inquilino più di quanto il mondo possa immaginare. E’ una costruzione di 20 appartamenti con la portineria e un laboratorio trasformato in una piccola casa. I protagonisti si raccontano e si intrecciano, si incontrano, si scontrano, non si vedono. E’ un universo complesso e variegato di uomini e donne che soffrono, amano, vivono e gioiscono. Uomini e donne che occupano un luogo che li rappresenta, li rinchiude e a volte li uccide. Case come specchi e specchi come megafoni dell’IO. Sono racconti della lunghezza di una cartella che illuminano un momento, una tristezza, una gioia, un dolore, una vita, una morte. Da oggi, ogni mercoledì saranno pubblicati su rabdo.blog.
Buona lettura

78 mq
La mia bambina si chiama Miracole. È nata dopo la quinta inseminazione artificiale. Io e suo padre non ci speravamo più. Ci avevamo provato con pochissime speranze dopo i quattro tentativi andati a male. E poi quel giorno distrattamente, senza tanto pensarci, ho fatto il test, ed è risultato positivo, la linea rossa era forte e nitida. Miracole e la sua determinazione avevano cominciato ad esistere. Ho chiamato suo padre, che non è mio marito e neanche il mio compagno, ma un partner che ho trovato su un sito di co-genitorialità. Io sono lesbica e ho una compagna Michela, Marco il padre di Miracole è gay ed è sposato con Vincenzo. Sia io che Marco volevamo essere genitori. Marco ha sempre desiderato essere chiamato papà e aveva voglia di trasmettere ad un figlio il suo patrimonio culturale e genetico. Io da quando sono piccola mi sento mamma, ho sempre sentito battere dentro di me la possibilità di generare, di dare la vita. Infatti, siamo dei magnifici genitori e la nostra bambina è splendida. Dopo i primi approcci in chat, io e Marco abbiamo deciso di incontrarci prima da soli e poi con i nostri rispettivi compagni. È stata una cena indimenticabile, abbiamo parlato tanto, riso, cercato somiglianze e differenze, ci siamo presi per mano e abbiamo cantato. E tutti abbiamo convenuto che il nostro piccolo sarebbe stato felice di stare con noi. La mattina in cui ho scoperto di essere incinta ho chiamato Marco e ho gridato È un miracolo, è un miracolo, è un miracolo. Marco con la sua calma ha risposto di qualunque genere sarà lo chiameremo Miracole. Ed ecco spiegata la genesi del nome della nostra bambina che adesso ha tre anni ed è una peperina curiosa e intelligente, che ha preso i tratti migliori di me e di Marco. Miracole ha i capelli ricci e chiari di Marco, il naso piccolo e la forma del viso da me, la carnagione ambrata e la statura di Marco. Il suo piccolo corpo che mi abbraccia è la cosa più bella che ho provato in vita mia. Dopo la sua nascita io e Michela, con l’approvazione di Marco e Vincenzo, abbiamo deciso che Miracole dovesse vivere in un bel posto e abbiamo preso in affitto questo trilocale con cucina abitabile. La stanza di Miracole si affaccia su un piccolo terrazzino, dove in primavera piantiamo tulipani, violette del pensiero e fresie, nostra figlia adora i fiori e li accarezza delicatamente con le piccole mani che sembrano le mie in miniatura. Michela che è molto brava nel bricolage, ha dipinto la stanza della bambina di un bel celeste e dal soffitto ha fatto scendere nuvolette, uccellini, api, palloncini, farfalle, non abbiamo messo mobili, solo il suo lettino, abbiamo lasciato tutto lo spazio per lei e i suoi giochi. Miracole non ha tanti giochi, un orsacchiotto che mia sorella le ha regalato alla nascita, due palle morbide e di dimensioni diverse, piccoli libri di stoffa con le pagine imbottite e decorate, un triciclo di legno e una bambola di pezza con le gambe lunghissime che ho scovato in un mercato. Nella sua stanza dentro contenitori ben ordinati abbiamo messo fogli di carta, pennarelli, gommapiuma, ritagli di stoffa, pongo di tutti i colori, tutte le sere prima di andare a letto insegniamo alla nostra piccola come si riordina e si mette a posto. La nostra casa è ariosa e piena di luce, Miracole corre felice nel lungo corridoio e si nasconde dietro le porte delle stanze, sotto il nostro letto, dietro il divano del soggiorno. Miracole va dai suoi papà un fine settimana sì e uno no, un mese in estate, a Natale si sta tutti insieme, Capodanno e Pasqua alternati a seconda delle esigenze e dei progetti di ognuno di noi. Nei fine settimana in cui Miracole non c’è, io e Michela invitiamo i nostri amici a cena, ci piace cucinare insieme, inventarci i piatti, fare la spesa, scegliere il vino, apparecchiare bene la tavola. La nostra cucina è spaziosa e ben attrezzata, sul piano di marmo, sminuzziamo, tagliuzziamo, impastiamo, mescoliamo. Senza la nostra bambina la casa è vuota e silenziosa e il tempo sembra allungarsi all’infinito. Io e Michela aspettiamo la domenica sera e la fine delle vacanze come un dono, sedute sul divano, quasi immobili, aspettiamo che le lancette dell’orologio della cucina segnino le 20. L’ultimo quarto d’ora il cuore comincia a battere più forte e il respiro comincia ad agitarsi. Marco ci riporta la bambina che ha già cenato con il pigiamino pronta per andare a letto. Certe domeniche sera siamo così felici di averla con noi che la mettiamo a dormire nel nostro lettone e lei si accucciola beata dopo averci dato il bacio della buonanotte.
