Devi vederlo di sera


E’ solo una frase. Un parere che sfuma nel paternale consiglio, ma l’ho sentita ripetersi così tante volte che ho finito per partire da qui.

Doveva essere la biennale degli anni pari, quella dedicata all’ambiente cucina con la 22ma edizione di Eurocucina e FTK. L’anno delle soluzioni a incasso, delle nuove tecnologie di domotica per scoprire quali ricette realizzare con gli avanzi nel frigo. L’anno dove i ricordi invece di profumare di spezie, però, hanno finito con l’odorare un po’ più di luce.

Lei. Egocentrica ed esibizionista. Poetica e incisiva. Oltremodo eclettica. Con quel suo linguaggio “democratico”, buono per tutti, ha lasciato il suo segno nei frame spezzettati che compongono la memoria degli oltre 434mila visitatori presenti in fiera o sparpagliati tra le vie della capitale del design e della moda, senza distinzioni di età o professione. Si è cambiata d’abito, passando da un ruolo all’altro a seconda che ci si trovasse tra i bianchi colonnati dell’Università degli Studi o immersi tra le fronde e le chiome verdeggianti dell’Orto botanico di Brera.

Scenografica nella maggior parte dei casi, si è lasciata modellare a seconda del luogo e delle mani di coloro che l’hanno voluta interpellare.

Si è così riscoperta poliedrica e socialmente coinvolta all’interno del cortile settecentesco e nelle oltre 700 “Smart house” dell’installazione a opera di Mario Cuccinella e della School of Sustainability di Bologna. Ha dialogato, punteggiando il giardino, con l’intero sistema urbano in un immaginario skyline votato alla tecnologia, ma anche alla riflessione empatica sulla gestione consapevole dell’energia.

Poco lontano, in corso Venezia 11, si è fatta invece musa e portavoce di Audi e della continua ricerca della perfezione, diventandone il quinto anello di congiunzione. Una contrapposizione sottile e sfacciata verso il quadrato della corte cinquecentesca, a sua volta enfatizzato dalle cangianti nuance del loggiato.

Ha poi mostrato il suo lato più delicato e romantico trasformandosi in pioggia tra le corde dell’installazione Crystal Rain, nata dalla collaborazione tra l’azienda Kawai e l’artista Takahiro Matsuo.

Un palcoscenico, il suo, che si è esteso fin dentro il Salone del Mobile vedendola risaltare all’interno dello stand Billiani. Nuovamente sospesa. Nuovamente protagonista.

Ma non si è fermata. Inesauribile.

E’ diventata accento all’interno dell’installazione Frame Emotion, di Alexander Bellman con il Gruppo C14, tracciandone il profilo con chirurgica precisione. E così anche all’interno degli stand di Cappellini, Desalto e Kartell, dove si è fatta guida e consigliera silenziosa ma incalzante nella scoperta dei prodotti.

Pura e burlona, si è messa a giocare con gli specchi dell’installazione progettata da Phillip K.Smith per COS e in “Visionair” realizzata per Elica. Distogliendo la sua attenzione e quella dei presenti dal prodotto nudo e crudo, ha offerto una diversa rifrazione della realtà del cielo milanese e delle persone che si sono volute specchiare con lei. Diversa in ogni forma e a ogni ora del giorno e incorniciata dall’architettura rinascimentale del cortile che la ospita.

Un gioco che si ripete anche sullo skyline presente nell’Orto botanico, specchio “naturale” in cui si riflettono le mini abitazioni luminose di SmarTown, e presso la Triennale del Design con “The flow of time”, della Grand Seiko. Qui, la luce proiettata dal video wall si rifrange su un pavimento di specchi, inseguendo l’idea di un movimento ciclico che caratterizza il passare del tempo.

Una relazione che si ripete negli stand di EDRA e Sancal, presso il Salone del Mobile, mostrando come una singola componente luminosa possa moltiplicare il suo effetto attraverso infiniti e ingannevoli riflessi.

E ancora… è diventata esperienza, compagna di gioco per i visitatori che hanno voluto scherzare con le proprie ombre all’interno dello spazio Sony in via Savona 56/A, esplorando le molteplici e possibili interazioni tra la luce e la tecnologia sensoriale. O per coloro che hanno liberato il loro “Breath of Light” interagendo con la nuvola di bolle luminose di Preciosa Lighting, nel distretto di Tortona.

Creativa e curiosa, si è infilata seguendo i bianchi profili della “HousEmotion” progettata da Tabanlioglu Architects, nel Cortile D’Onore dell’Università degli studi. Ne ha annebbiato i confini, generando una relazione sensoriale tra interno ed esterno, così come nella Living Nature di Carlo Ratti, di fianco al Duomo, nel cuore di Milano. Lì dove le 4 stagioni hanno preso forma e colore tra gli alberi, la neve, il calore estivo.

E dopo tutti questi esempi potremmo ancora andare avanti perché di forme, questa luce, ne ha assunte davvero tante. Ma tra le più importanti per il Salone del Mobile c’è forse quella che si nota meno di tutte, e che proprio per questo merita il capitolo conclusivo.

E’ la luce invisibile. Quella che mostra il suo lato più timido e modesto. Soffuso. La luce morbida che ha caratterizzato la gran parte degli allestimenti all’interno dei padiglioni in Rho Fiera, contribuendo nelle retrovie all’allegro e sereno girovagare dei visitatori da uno stand all’altro. Da Vitra a Twils, passando per Poltrona Frau con le sue atmosfere velate, e poi Riva 1920, Pacini e Cappellini. La luce è passata di lampada in lampada, di bulbo in bulbo, confermando ancora una volta che l’essenziale è invisibile agli occhi.

 

Francesca Cederle

Vita Giacovelli

Carolina Pastore

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