Purissima noia dorata


“Ah ma tu guardi il festival solo per dire che non ti piace?” è la domanda più ricorrente. Dovrei rispondere “Proprio così, guarda un po’: si chiama spirito critico, ne hai mai sentito parlare?”. Anche gli antichi romani odiavano i cristiani e si divertivano un mondo a ritrovarseli tutti quanti assiepati nei circhi. Mi si dirà: certo, ma per vederli mangiati dalle belve. Ovvio, ma è colpa mia se interpreti anche stimabili buttano alle ortiche una dignitosa carriera per farsi scrivere testi da parolieri incapaci, unendo allo scempio sonorità da balera? Un tempo si andava all’opera solo dopo aver fatto la spesa dal fruttivendolo, e che gioia lanciare ortaggi e uova marce sui cantanti stonati! Ora che la critica – e l’arte in genere – sono afflitte da un fastidioso e teratogeno politically correct, parlar male di Sanremo (una delle poche cose di cui si può a buon diritto parlar male) sa di liberatorio. Anche perché, ricordiamocelo, è proprio l’uggia per il politically correct che ha fatto vincere Trump. Lo aveva profetizzato a suo tempo Clint Eastwood.

maria-de-filippi-sanremo-2017Dunque, il festival è partito con fuochi d’artificio memoriali: tutta la storia della canzone italiana passava veloce sullo schermo, come quando stai precipitando e vedi tutta la tua vita che scorre, disperatamente veloce. Anni, musiche, volti, e vestiti, fiori, orchestre, ricordi, Tiziano Ferro ha cantato con intensa passione e con il suo gran bel vocione, è arrivato anche quell’angelo di Raoul Bova, veniva solo da dire: vuoi vedere che quest’anno il festival sarà strepitoso? Invece poi tutto è ben presto franato nella solita burocratica noia. I presentatori, ingessati, i cantanti, impacciati, le canzoni, trascurabili. Giusy Ferreri poverina che non trova né un sarto abile né un parrucchiere. Moro vestito con una giacca ricavata dai sacchi neri dell’Amsa. Elodie che ha fatto fuori il salotto di nonna, per ricavarne scampoli damascati con cui cucirsi un corpetto. E rendere tante dormeuses inutilizzabili. La Comello invece ha pensato bene di piazzarsi due mani di stoffa sulle tette. Per il resto era coperta solo da un tripudio di rose e farfalle.

mannoia-sanremoLa Mannoia, va beh, ha fatto la Mannoia: una bella figura, sobria come sempre, che non aggiungerà una virgola al suo luminoso passato. Ron con gli occhiali da sole fumé sembrava una zia appena operata di cataratta. Al Bano uno di quei preti gaudenti che vanno tanto oggigiorno. Chi c’era d’altro? Samuel Bernabei Clementino Ermal Meta? Li si può includere nella vasta categoria degli eccetera.

cane_soccorritori_albanoSulle tirate umanitarie della De Filippi ci sarebbe da scrivere un pamphlet, sintetizzabile nella domanda “Ma come ti permetti?”. Le risate a comando di Conti sarebbero degne di uno studio sulla mimica facciale. La meccanicità dell’insieme è devastante anche per le pazienze sottomesse alle prove più dure. Poi, però, il tripudio: Ferro che canta di nuovo, Ricky Martin ballonzola più in forma che mai, palestratissimo, elastico, reboante. Ma chi è, Dorian Gray? La Consoli, povera piccina, si è messa tanto di quel rossetto che alla Lancôme devono rifarsi le scorte. Il suo abito di gala era quello di Bette Davis in Che fine ha fatto Baby Jane?, ovviamente quando è vecchia. Crozza per una volta ha fatto ridere poco. Ma mai poco quanto quel comico oscuro che doveva imitare Bob Dylan. Sì perché a un certo punto, sparito Martin dietro le quinte, l’atmosfera è crollata in quei momenti tipici del festival, che di solito vengono inflitti al pubblico solo durante la finale. Una serie di comparsate patetiche, capeggiate da una signorina vestita come un copriteiera. Di quelle che arrivano garrule e cinguettanti, pensando che tutti aspettino solo loro, peccato che abbiano lasciato a casa la corona della leggenda: ma chi sei, esserino agitato? In quale impresa nel mondo dello spettacolo hai trionfato, per salire su questo palco? In due parole: chi tte conosce, cocca?

Deciso ad arrivare fino in fondo, senza lasciare nel solito amaro calice neanche una goccia di questa zuppa, attendo i Risultati Finali, compiango per quanto necessario i possibili eliminati e mi dico che resisterò indomito anche per tutto il Dopofestival. Ma il divano mi chiama, suadente come una sirena, e appena posato il capo stanco sul cuscino dormo di un sonno pesante fino al mattino.

 

Massimo Scotti

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