Ho fatto tante cose nella mia vita. Ho creduto a tante cose. Ho creduto a quasi tutti. Mi sono sempre sentita in cerca d’autore. Ogni spunto, ogni riflessione, ogni idea che ho incontrato lungo la mia strada mi hanno attratta, mi hanno fermata, mi hanno fatto pensare. Niente è passato inosservato per me. Ho osservato ogni movimento, ogni sospiro. Ogni respiro degli uomini e della terra mi hanno allertata. Mi sono laureata in psicologia a Padova, erano gli anni 80, studiavo psicologia e ascoltavo la musica punk. Io ero punk, con i miei capelli corti e colorati, la mia t-shirt strappata e la minigonna fetish avevo discusso la mia tesi di laurea In che modo lo sviluppo dei genitori può influenzare lo sviluppo del bambino? Scandalizzando il mio relatore l’esimio professore Tullio Scaldati, che mi aveva liquidata in quattro e quattr’otto dandomi 108 per lasciare spazio alla mia collega in abito e giacca con tanto di spalline e collana di perle. Per qualche anno mi ero persa a Londra, vivendo randagia senza alcuna idea politica se non una voglia pazzesca di provocare e scandalizzare. Bevevo, mi drogavo e facevo sesso con chi mi capitava. Sbarcavo il lunario lavando i piatti in qualche ristorante fetido, facendo ogni tanto un pompino. Ero esausta di quella vita, ma continuavo perché non sapevo a chi credere e dove andare. Londra era tutto ciò che sapevo, fino a quando mio padre era venuto a prendermi per riportarmi a casa e disintossicarmi. Per due anni era filato tutto liscio, avevo cominciato anche la mia attività di psicologa in uno studio associato e avevo anche una specie di spasimante che veniva a prendermi tutte le sere all’uscita dal lavoro. Ma un’estate una mia vecchia compagna di classe mi aveva invitata ad andare in India con lei. Uscita dall’aeroporto di Bombay avevo capito che quello era il mio posto. Ero rimasta cinque anni, avevo vissuto in ashram, avevo meditato, cantato, chiesto l’elemosina per le strade di Delhi, Agra, Mathura. Sono stata Hare Krishna, ho adorato Sai Baba, ho seguito Osho, ho ascoltato Sri Sri Ravi Shankar. Tutti avevano verità, tutti avevano insegnamenti da condividere, tutti erano maestri. Sono tornata in Italia quando è morto mio padre, mi aveva lasciato il suo trilocale più servizi e i suoi risparmi di una vita. Ho pianto un po’, ho sentito la sua mancanza, ma poi con i soldi ereditati sono partita per Khakassia, nella Siberia meridionale, dove degli sciamani attraverso riti antichissimi fanno da intermediari tra il mondo degli uomini e quello degli spiriti. Ho imparato tanto da loro, ho visto resuscitare uomini e guarire donne da malattie mortali. Sono stati mesi da sola dentro la foresta, senza cibo, senza riparo. Ho mangiato bacche e ho bevuto acqua dai ruscelli, ho imparato a fare il fuoco e ho ululato nelle notti di luna piena insieme ai lupi e alle volpi. Una mattina all’alba ho avuto una rivelazione sconvolgente. Io sapevo. Io c’ero. Sarei stata io il maestro di qualcun altro. Sarei stata io la guida dei miei allievi. Avrei messo insieme tutto quello che sapevo e avrei creato il mio credo. Io avrei avuto un altro Dio. Un Dio tutto mio fatto di natura e sapienza antica. Un dio giapponese, indiano, russo, peruviano, cinese, albanese, inglese, norvegese, finlandese e italiano. Un dio di fuoco, di vento, di acqua, di ghiaccio, di cielo e di parole.

Sono tornata in Italia ho trasformato la casa di papà, ho buttato giù i muri, ho tolto i vecchi pavimenti di marmo e li ho ricoperti dei tappeti che avevo comprato nei miei viaggi, ho tinteggiato i muri di viola, lillà, arancione e giallo, ho messo statue di Buddha e Shiva, immagini di fate, folletti e farfalle, foto di cascate e ghiacciai. Ho comprato un computer, mi sono fatta installare una potentissima connessione Wi-Fi, ho sprimacciato cuscini, acceso candele e incensi, ho aperto un canale Youtube e ogni giorno mi sono collegata. Ho cominciato a parlare di tutto, ho suddiviso gli interventi in temi, il sole, gli alberi, gli animali di terra, gli animali di acqua, i fiori, le piante, l’anima, la scienza, la coscienza, il sogno, la perdita, la morte, l’assenza. Le prime volte che mi sono collegata non c’era nessuno, ovviamente. Poi, di giorno in giorno i followers sono cresciuti. Hanno cominciato a sentirmi, a vedermi, a credermi. Ora sono tantissimi, mi seguono dall’Italia e da vari parti d’Europa. Ho pubblicato cinque libri, ho un sito tutto mio, due volte all’anno organizzo grandi raduni e mi hanno intervistata diversi giornali, ho tre assistenti/allievi che mi adorano e mi sollevano da tutte le incombenze. I vicini si lamentano per i canti e le preghiere che qualche volta vanno avanti fino a tardi. Ma io non mi preoccupo. Chi può sfrattare Dio?