Duetto sardo


Il Teatro dell’Arte in Triennale propone due spettacoli che in comune hanno il territorio: la Sardegna. E uno sguardo interessato e interessante sull’umano sentire.

Esodo, di e con Valentino Mannias con l’accompagnamento di Luca Spanu alla chitarra, è un quasi-monologo – l’interazione tra recitazione e chitarra è imprescindibile – basato sul Quinto passo è l’addio di Sergio Atzeni. Macbettu, di Alessandro Serra con otto bravissimi attori maschi (in omaggio alla tradizione elisabettiana) è la trasposizione della tragedia di Shakespeare in una Barbagia senza tempo. In questi due spettacoli, diversissimi, per ambientazione, ritmo e scenografia, emerge con forza la capacità sarda di vedere da sé l’umano, un passaggio dalla variabile alla costante.

Valentino Mannias, giovanissimo autore, regista, attore, nei panni di Giancarlo che parte ‘per farsi’ all’Accademia del turismo di Venezia. Un viaggio iniziatico ben raccontato dall’attore che dimostra una mimica straordinaria e un umorismo intelligente e sottile. Giancarlo negli anni Settanta salpa su una “nave bianca che si allontana e dietro un dente alto e bianco di calcare sparisce l’antica fortezza vedetta dei Fenici, l’avamposto d’Europa al respiro dell’Africa e d’Oriente alle porte d’Occidente, popolato da una scura genia parente di Annibale, adocchiato da predoni scalzi, battuto dai venti, abitato da tutti i profumi e i fetori e da ogni genere di ingegno e vizio e da qualche virtù, come ovunque siano gli uomini”. E il viaggio è già nostro. (Esodo e non esilio!)

Macbettu narra fedelmente, ma in dialetto di Lula, il dramma shakespeariano (i nomi, a parte il sardinizzato Macbettu, sono i medesimi) ambientandolo in una Sardegna sorprendentemente adatta a rappresentare l’opera. Uno scenario cupo, fosco, ambiguo riprodotto utilizzando elementi tipici dell’isola: pelli, corna, maschere e i suoni dei campanacci, le pietre, il vellutino degli abiti. E il racconto, ancora una volta e come deve, parla di noi tutti, della sete di potere, dell’ambizione e del rimorso, del pentimento, della precarietà e incertezza dell’esistenza con attori meritevoli, una regia precisa e una scenografia scarna, ma potentissima.

Due spettacoli consigliati, in scena fino al 28 maggio, che testimoniano di una ricerca teatrale sarda viva e convincente. L’isola c’è e racconta del mondo.

 

Da Sergio Atzeni, Passavamo sulla terra leggeri, Ilisso Edizioni, Nuoro:

 

Passavamo sulla terra leggeri come acqua, disse Antonio Setzu, come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli o scende scivolando sulle pietre, per i monti e i colli fino al piano, dai torrenti al fiume, a farsi lenta verso le paludi e il mare, chiamata in vapore dal sole a diventare nube dominata dai venti e pioggia benedetta.
A parte la follia di ucciderci l’un l’altro per motivi irrilevanti, eravamo felici. Le piante e le paludi erano fertili, i monti ricchi di pascolo e fonti. Il cibo non mancava neppure negli anni di carestia. Facevamo un vino colore del sangue, dolce al palato e portatore di sogni allegri. Nel settimo giorno del mese del vento che piega le querce incontravamo tutte le genti attorno alla fonte sacra e per sette giorni e sette notti mangiavamo, bevevamo, cantavamo e danzavamo in onore di Is. Cantare, suonare, danzare, coltivare, raccogliere, mungere, intagliare, fondere, uccidere, morire, cantare, suonare, danzare era la nostra vita. Eravamo felici, a parte la follia di ucciderci l’un l’altro per motivi irrilevant
i.”

 

Diletta Toniolo

 

Sardegna Teatro

Esodo/Macbettu

Triennale Teatro dell’Arte

23 – 28 maggio 2017

Viale Alemagna,6 – 20121 Milano

Tel. +39.02.724341

info@triennale.org

triennale.org/teatro

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