“A House in Asia” ci racconta la storia vera dell’uccisione di Osama Bin Laden, la storia di chi questa storia ha raccontato in un libro autobiografico (Mark Owen alias Matt Bisonnette, ex-capo di 3° classe dei Navy Seals impegnato nell’operazione Lancia di Nettuno) e la storia del film che contiene entrambe le storie, “ Zero Dark Thirty” diretto da Kathryn Bigelow.
Insomma una fantasmagorica performance che si sviluppa attorno a una casa, anzi tre: il rifugio di Bin Laden in Pakistan, la riproduzione californiana realizzata per l’addestramento delle truppe statunitensi e la copia fedele costruita in Giordania per girare il film.
Una trama narrativa complessissima resa utilizzando ogni mezzo possibile: video in presa diretta mixati a video realizzati ad hoc e a found footage di metraggi esistenti (compresa la mitica scena di Groucho Marx allo specchio).
Un continuo alludere al tempo e a tutte le sue forme. Il cow-boy americano stanco e disilluso nel parcheggio di un fastfood lascia il posto a spezzoni di film del passato – Gregory Peck nei panni del capitano Achab in “Moby Dick”, un Anthony Quinn così giovane da non riconoscersi che recita Cavallo Pazzo ne “La storia del generale Custer” (They Died with Their Boots On) – audio di discorsi presidenziali di diverse epoche, un carillon di battaglie storiche con nemici sempre diversi.
Immagini proiettate, ma anche attori reali: l’Agrupaciòn Señor Serrano (Alex Serrano, Alberto Barberà, Ferran Dordal), tre ragazzi che sembrano divertirsi in un campo giochi apparentemente disordinato, in realtà (vocabolo e suoi antonimi che spesso ricorrono nello spettacolo) meticolosamente preparato per servire la scena.
Citazioni che provengono dalla letteratura (il Moby Dick di Melville il più presente, ma anche Platone a ben vedere), dal cinema (Moby Dick, la balena bianca di John Huston, Zelig di Woody Allen e Duck Soup o La guerra lampo dei fratelli Marx) dall’arte (John Wood & Paul Harrison con i loro ironici Work of fiction, installazioni video e sculture umane), dall’artigianato (le maquette dell’edificio, del parcheggio, del giardino per una scenografia in miniatura), dal digitale (i video, le animazioni) e ultimo ma non ultimo dal teatro.
Sì perché l’Agrupaciòn Señor Serrano recita mentre realizza dal vivo l’intero spettacolo; un dietro le quinte che è in realtà teatro esso stesso e che, volenti o nolenti, trascina anche noi spettatori nella spaventevole mise en abyme della vita.
P.S. Mark Owen è lo pseudonimo con cui Matt Bisonnette ha scritto il libro No Easy Day: il racconto in prima persona dell’uccisione di Bin Laden. Mark Anthony Patrick Owen è anche il nome di uno dei componenti della band pop britannica Take That cui il collettivo rende il proprio ‘teatrale’ omaggio con la canzone Back for Good. Buon ascolto!
Diletta Toniolo
A House in Asia, Agrupaciòn Señor Serrano
Triennale Teatro
27 febbraio – 1 marzo 2017
Viale Alemagna,6 – 20121 Milano
Tel. +39.02.724341